lunedì 7 ottobre 2013

Paciano - Monte Pausillo

Un fine settembre, caldo e soleggiato, ci ha ispirato l’ ennesima escursione nella nostra dolce Umbria, sempre mossi dalla ricerca delle origini, dal desiderio di guardarci attorno salendo in alto,  dalla voglia di sole e benessere!
Questa volta siamo andati a Paciano, noto borgo delle terre del Trasimeno, conosciuto ai più per essere stato definito da Airone villaggio ideale d’Italia; a noi ci interessa perché da Paciano proviene la mia famiglia paterna e questa storia voglio raccontare, nei luoghi in cui si è svolta, ai miei figli!
La strada che ci conduce a Paciano, costeggia il Lago Trasimeno e ci offre la visione di un rilassato paesaggio lacustre … viene la voglia di fermarsi, ma non indugiamo perché un bel percorso ci attende: l’anello Paciano-Monte Pausillo. 
Entriamo a Paciano dalla porta Fiorentina, ma prima ci soffermiamo, appena fuori, accanto alla facciata della Chiesa di Santa Maria dell’Assunta; c’è la casa dove è nato mio padre e dove ha vissuto fino al 1957 quando, appena11-enne, si trasferisce con la famiglia a Perugia, in cerca di lavoro, ricongiungendosi con le sorelle che già erano partite a cercar fortuna e lavoravano come cameriere in un albergo: era l’Italia che si riprendeva dal secondo conflitto mondiale,  si smetteva di fare i contadini, si fuggiva dalle campagne e si inseguiva in città il mito del miracolo economico! Passaggio che più tardi si rivelerà tristemente drammatico.  
Passeggiamo fino alla piazza del municipio, facciamo colazione al baretto, avvolti dall’atmosfera domenicale del piccolo paese, quattro chiacchiere con chi sembra esperto dei dintorni ed eccoci all’uscita del paese per la porta Rastrella a pochi passi dall’inizio del sentiero che porta al monte Pausillo, un’ampia strada bianca dai panorami distesi sul Trasimeno e la Valdichiana; stiamo affrontando l’itinerario trekking 29, al contrario rispetto a come indicato sulla mappa…ma fa lo stesso, meglio fare la salita all’inizio ed effettuare il rientro in discesa!


Giunti alla cima, ci concediamo la consueta sosta, al sole, a bordo sentiero, in una piccolissima radura sommitale prima di discendere per l’interno del bosco. Il sentiero è ora ombreggiato, si tratta di una strada di crinale fra il Petrarvella ( il monte dove sorge il paese di Paciano) e il Pausillo, segnalata come MOLTO PERICOLOSA per le mountain bikes, facile e piacevole per chi va a piedi.  Si esce dal bosco all’altezza di casa Bigiarello, ed eccoci al fonte delle lavandaie e alla Porta Perugina. Rientriamo in paese e ci concediamo un ultimo girovagare e giocare con i bambini alla ricerca di segni, particolari, testimonianze che ci possono raccontare qualcosa sulla storia del paese.  
Oramai questo gioco ci piace un sacco  e lo facciamo un po’ ovunque! E così cominciamo a notare che si tratta del classico castrum medievale, al di fuori del quale ben poco è stato costruito e che non dispone di una vera e propria cinta muraria, ma di case-mura e case-torri attaccate l’una all’altra.  Su queste mura si aprono le 4 porte, due delle quali orientate verso le principali città del territorio circostante da cui il nome Fiorentina e Perugina.  Poi ci mettiamo a contare le chiese, ci aspettiamo di trovarne in un numero esagerato per le dimensioni del paese, ma sappiamo che è così un po’ in tutta Umbria, anche qui, le 5 chiese interne, più le 3 esterne, testimoniano la presenza di varie confraternite religiose e ci dicono molto di come dovessero essere una sorta di attuali poli di aggregazione… per la gestione della vita sociale, culturale, assistenziale, economica; una società medioevale tutta permeata dalla religiosità! 
Immancabile la piazza centrale su cui affaccia il palazzo del municipio. 
Il reticolo della città è pressocchè ortogonale con varie zone irregolari, dove si nascondono gli scorci più caratteristici. Le case ci appaiono costruite con una semplice tecnica, ovviamente non dovevano disporre di adduzione dell’acqua o fognature, ecco perchè la presenza del pozzo e varie fontane; non mancano le case delle famiglie più ricche e potenti immediatamente riconoscibili per le dimensioni, lo schema  a corte e qualche elemento decorativo più curato.
Anche la toponomastica ci aiuterebbe per fare altri giochi…ma, mi viene un’altra idea: la prossima volta ci torneremo con il nonno e la zia e ci facciamo fare da loro una visita narrata, piena di ricordi e aneddoti più recenti!

domenica 21 luglio 2013

Il lavandeto di Assisi

E' una pianta generosa e con pochissime esigenze ... e questo è il tempo della sua fioritura ... la lavanda!
Domenica 30 giugno siamo andati al Lavandeto di Assisi, in località Castelnuovo di Assisi, ad ammirare la fioritura in un grande campo giardino: lunghi filari di lavanda bianchi, rosa, blu e viola incorniciati dal classico paesaggio di Assisi.
In occasione delle fioritura il lavandeto organizza tutti gli anni la Festa della Lavanda, una serie di iniziative molto carine e interessanti intorno agli svariati usi, modi, coltivazioni di questa pianta e molte altre varietà di piante officinali.
Fra le tante proposte noi abbiamo frequentato un piccolo corso di pittura botanica con il maestro Angelo Speziale.
Angelo è un pittore naturalista che vive a Bevagna e in occasione della Festa della Lavanda insegna alle persone ad osservare e riprodurre le meravigliose geometrie della natura che ci circonda!
Il grande campo di lavanda si poteva visitare liberamente o accompagnati dai coltivatori, nel giardino tanti piccoli stand in cui svolgere interessanti attività come appunto la pittura botanica, oppure la distillazione dell'olio essenziale di lavanda, oppure la preparazione di tisane o la realizzazione di bouquet.
Nel frastuono generale delle tante iniziative estive...questa mi è sembrata delicata e sensata, frutto del lavoro, della passione e creatività di persone molto disponibili e aperte!
Visualizza tutte le immagini al lavandeto


martedì 18 giugno 2013

Il romitorio di Monte Malbe

Mi piace tanto fare escursioni a Monte Malbe, in varie stagioni dell'anno; vado e inseguo i miei ricordi di bambina.
Fino ai primi anni 80 a Monte Malbe, in località Monte Pulito, ci viveva in una bellissima casa rurale la mia bisnonna con quello che rimaneva della sua grande famiglia colonica, la bisnonna Ida deteneva ancora un contratto agricolo di mezzadria con il proprietario del podere, un contratto che è durato fin a quando la legge italiana lo ha permesso, dopodichè, lo ricordo ancora benissimo, dovette ottantenne abbandonare la casa in campagna e trasferirsi in città a Perugia, morendo quasi subito dopo.
Fino a quel momento io ho potuto andare quasi tutte le domeniche a "scuola di ruralità" nella casa di Monte Malbe della bisnonna. Tutto quello che so di pratico e contadino lo ho imparato lì: la raccolta dei funghi, la raccolta degli asparagi, le erbe selvatiche, andare a fare la macchia ( raccolta della legna), la cucina tradizionale umbra ( la torta al testo, la torta di pasqua, la macellazione del maiale) e ancora i segreti della vigna, la raccolta delle olive, tutto quello che conosco di alberi, arbusti e animali da cortile e del bosco... Anche la mia passione per la geologia credo sia iniziata lì, amavo la terra rossa di Monte Malbe dalla quale uscivano fuori bei ciottoli bianchi, più tardi avrei imparato che si
trattava di scaglia rossa e calcari. Racconta mia madre che quando da piccola, tornando a casa da Monte Malbe di sera, mi si apriva davanti il paesaggio illuminato della città di Perugia adagiata sui suoi colli, dicessi sempre: "Pugia mia!" (Perugia mia!).
Insomma amo Monte Malbe.
L'itinerario che ho fatto sabato mattina parte dal Colle della Trinità, arriva al Romitorio di Monte Malbe, ossia all'eremo di San Salvatore e continua ad anello ( lato Corciano) sino a ritornare al punto di partenza.
Il romitorio, agli inizi degli anni settanta, da bambina, era ridotto ad un cumulo di materiali ricoperti di erbacce, oggi è completamente restaurato.
Abbiamo iniziato il percorso dall'ingresso di Colle della Trinità poco sopra al camping il Pettirosso, il primo paesaggio che si ha è di tipo agricolo, giunti al Podere Le Trosce, si lascia la casa colonica sulla destra e si entra nel bosco di lecci. La selva di Monte Malbe è bella e generosa. All'inizio si segue il sentiero n.2 delle Trosce, poi si trova una deviazione per il Romitorio, dopo aver attraversato un canalone torrentizio (che potrebbe essere anche una dolina), ci si imbatte in una troscia: espressione della formazione calcarea del monte, un piccolo invaso di acqua di sorgente alla quale si dissetano gli animali. L'uomo è intervenuto facendo dei piccoli
muretti e un arco di tenuta. Alzando gli occhi ecco che si scorgono non lontane le mura del romitorio.
L'ultima volta ci eravamo stati in inverno provenendo dal lato opposto del monte per il quale adesso ci siamo tornati indietro completando la passeggiata.
L'eremo si può osservare solo da fuori, furtivamnete possiamo scattare qualche foto tra la recinzione.
Ogni volta che ci vengo non ci vedo mai nessuno dentro, mi domando, perchè tenerlo chiuso, perchè i camminatori non possono goderselo?
Questa è la storia dell'eremo:
un documento conservato nel monastero di Fonte Avellana ricorda come giorno di consacrazione della piccola chiesa all'interno contenuta il 22 febbraio e la sua dedicazione ai santi Salvatore, Maria, Giacomo, Cristoforo e Nicola; incerto, però, è l’anno. Nel 1139 l’eremo è comunque annoverato tra i beni della congregazione del monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, nella Diocesi di Gubbio. Frequentato in seguito dai cosiddetti “fraticelli”, noti anche con l’appellativo di “fraticelli eretici”, e successivamente dai frati francescani di Perugia, nel 1507 tornò in possesso dei monaci di Fonte Avellana. Nel 1523 fu aggregato agli olivetani di Monte Morcino, fino alla metà del XVI
secolo quando tornò ancora in mano degli avellaniti. Nel 1569, anno in cui la congregazione venne soppressa, fu declassato da priorato a semplice commenda. Alla fine dell’Ottocento il complesso era ancora annoverato tra le spettanze del Seminario vescovile di Perugia finché, già al principio del XX secolo come beneficio semplice, viene acquistato da un possidente locale...che lo tiene pressocchè sempre chiuso.
Va beh, è bello anche venirci così, noi in genere ci fermiamo presso le mura a fare uno spuntino e spesso ci mettiamo a fare un disegno dal vivo di alcuni particolari che possiamo vedere magari arrampicandoci un pò...
Poi ripartiamo.
Il sentiero ci porta fuori dalla macchia, all'interno della quale in inverno facciamo sempre scorpacciate di corbezzoli ( in perugino le piante dei corbezzoli le chiamiamo "lalleroni"), adesso è tutto un fiorire di ginestre, cisto, rosa canina, prugnolo...
Si spunta fuori sulla strada che in salita ci riporterà alla sommità del Colle della Trinità: il punto di partenza. Corciano è di fronte, quasi a ricordarci che il territorio di Monte Malbe è anche suo e non solo di spettanza di Perugia. La storia ci dice che se lo sono conteso dal 1200 al 1800. Un tempo doveva essere una importante fonte di risorse: legno, calce, carbone, prodotti del sottobosco, e poi tutto il periodo della mezzadria che dopotutto ha permesso una buona conservazione del paesaggio agricolo.
La prossima volta vi racconto di altri itinerari a Monte Molbe.
Varie foto di escursioni al Romitorio di Monte Malbe

lunedì 3 giugno 2013

Cannara di fiori colorata!

Lo scorso fine settimana il centro storico di Cannara si è vestito di fiori per celebrare, come da tradizione, la festa del Corpus Domini.
E' una festa interessante l'Infiorata di Cannara, anche per chi non vuole considerarne l'aspetto religioso.
Un'esperienza sensoriale, una manifestazione artistica, un evento di grande valenza sociale.
Cospargere le strade con petali di fiori per onorare il passaggio del Corpo di Cristo è un'usanza antica che a Cannara risale al 1826.
Quella di Cannara è l'infiorata più antica dell'Umbria.
Ma il primo tappeto policromo realizzato secondo precisi disegni, quindi non solo un casuale spargimento di fiori, avvenne più tardi, nel 1950 in Via Ettore Thesorieri per opera del signore Mario Preziotti. Da allora gli abitanti di Cannara cercano di mantenere viva questa tradizione e arricchirla di anno in anno raffinando le tecniche realizzative.
La prima volta che sono entrata in contatto con la comunità cannarese dedita all'opera della realizzazione delle infiorate era il 2004 e avevamo appena avviato la nostra avventura imprenditoriale della Tana Libera Tutti.
Siamo entrati da stranieri a Cannara, al lavoro in ostello, nessuno di noi del posto, nei giorni della preparazione della festa, ricordo le scatole di petali variopinti disposti al sole ad asciugare ad ogni angolo del paese, ricordo il lavorio di bambini e anziani nei fondi e
cantine, la mia curiosità di osservarli nei loro gesti sapienti, con strane attrezzature spela-fiori, ricordo l'orgoglio con cui l'infioratore Fausto, uno dei primi cittadini cannaresi che ci è stato vicino, ci raccontava e dimostrava come si fà con bacche fiori, infiorescenze e bozzetti.
Sono passati un bel pò di anni, la nostra esperienza d'impresa sociale nel paese è maturata e mutata tante volte assieme alle persone che ne sono state protagoniste, ma il momento della festa delle infiorate rimane sempre emotivamente coinvolgente, come quella prima volta in cui ci siamo trovati travolti dentro.
Travolgenti sono gli stimoli sensoriali: i colori, i profumi, i suoni. Mille sfumature di giallo, rosa, rosso, verde, viola; odore di finocchio selvatico, rose, camomilla...e tante voci del paese dedito all'opera, poi la musica della banda, e il chiacchiericcio degli avventori.
Ci sono maestri infioratori che ne hanno fatto una vera arte, un sapere oramai ben codificato: c'è chi lavora il fiore fresco realizzando soprattutto disegni geometrici, chi il fiore secco ottenendo polveri sottili con cui si possono riprodurre fedelmente soggetti pittorici in notevole dettaglio.
Ma questi artisti infioratori non possono prescindere dai semplici collaboratori, il popolo, diverse generazioni fianco a fianco, che disegnano la strada con i gessi, bagnano con l'acqua, dispongono i petali o preparano qualcosa da mangiare nella lunga notte di sabato in cui si realizzano i tappeti.
L'infiorata è una grande opera popolare dove ogni cittadino fornisce il suo contributo, sì possiamo proprio dirlo, ogni cittadino!
Questo grande senso di identità collettiva mi ha sempre colpito e nel nostro lavoro di "albergatori sociali" abbiamo sempre cercato di narrarlo ai nostri viaggiatori, molte volte ci ha fatto sentire esterni, diversi, intesi come "altri", non posso nascondere la fatica di fare i conti con questo aspetto!
Ma ancora insistiamo nel cercare di interiorizzare i più bei elementi dell'entità collettiva cannarese e lo facciamo, studiando la storia, osservando, curiosando, entrando nelle case degli artisti, nei musei, parlando con tutti, raccontando tutto quello che impariamo agli ospiti che vengono a dormire in ostello o a mangiare in ristorante.
Non è anche questa una sfida? Ecco, anche noi con semplicità vi facciamo vedere attraverso queste foto cosa è...la "nostra" Cannara,  la Cannara in cui abbiamo deciso quasi 10 anni fa di intraprendere, cambiare e aprire un pò le menti, includere...e c'è chi lo chiama solo turismo!
Sabato sera - la preparazione
Domenica - l'opera realizzata, la processione e una passeggiata per il paese




giovedì 23 maggio 2013

Montelabate e i suoi castelli

Questo itinerario ci porta indietro nel tempo nel periodo più oscuro del medioevo, quando, dopo la caduta dell'impero romano anche in Umbria le terre erano abbandonate.
Siamo a circa 20 km nord da Perugia, in località Montelabate.
A sovrastare la zona che è tutta un rincorrersi di colline, vi è l'Abbazia di Santa Maria di Valdiponte, oggi nota come Abbazia di Montelabate: un antico complesso monastico benedettino di stupefacente bellezza!
C'è un anello di circa 7 km che si snoda fra quelli che un tempo erano i vasti possedimenti dell'abbazia. Ci sono stata in una bella giornata di sole.
Mi è sempre piaciuto qui, mi ci portavano da bambina a prendere il fresco lungo il torrente Ventia,  un luogo familiare dato che il mio nonno materno nell'immediato dopoguerra percorreva la vallata della Ventia regolarmente per recarsi da Gubbio a Perugia in cerca di lavori come muratore; mi sembrava un posto segreto da piccola, ancora lo è credo; più di una volta ci sono tornata da adulta clandestinamente, quando ancora la sentieristica non era tracciata, cercando sempre di "violare" le mura dell'abbazia, ma non mi è mai riuscito di entrarci regolarmente, ( a tutt'oggi è visitabile solo su prenotazione). Tutto questo non ha fatto altro che accrescere in me l'immaginazione sulla storia antica di questo posto.
Come dicevamo, nell'alto medioevo, i monaci benedettini, fedeli alla regola Ora et Labora, si insediarono in queste terre recuperandole e offrendo protezione alle persone che accettavano di lavorarle. I monaci assegnavano dei terreni da coltivare, con contratti detti “enfiteutici” o “di livello” per i quali i lavoratori dovevano dare dei beni in natura al monastero quali: uova in occasione della Pasqua, una spalla di maiale per la festa dell’Assunzione e quattro capi di pollame per Natale.
Questi tributi venivano poi, ridistribuiti tra i più poveri; infatti ai monaci, le regole, impedivano di vivere del lavoro altrui e di mangiare carne.
Così facendo, a partire dalla fondazione risalente al 996, fino al XIII secolo, all’apice del suo prestigio, l’Abbazia divenne la più grande potenza religiosa ed economica del perugino: contando 30 chiese parrocchiali e 20 castelli.
Durante l'escursione si possono osservare i campi della antica proprietà fondiaria, in parte ancora produttivi e rigogliosi di olivi, i ruderi delle mura di uno dei tanti castelli (chiamato il castellaccio) oggi completamente colonizzato dagli alberi, un tempo ricovero per i contadini, poi ancora, sulla cima di un colle a metà percorso circa, si scoprono i resti delle mura di Castiglion Fidatto, antichissimo presidio fortificato abbandonato nel Cinquecento fra le cui case venne stilato il testamento del 996 che consentiva all’Abbazia di prendere possesso dei numerosi terreni.
Lungo l'itinerario si scorgono anche segni di una storia più recente, 2 case coloniche: una ancora abitata al centro di una gran bella azienda agricola, un'altra abbandonata nel dopoguerra, casa Libraro, un escursionista attento può notare sotto uno strato di terra, la bella strada lastricata che conduceva a queste case.
Coi i bambini si può giocare a riconoscere gli arbusti più diffusi: ginestra, cisto, rosa canina, ginepro, rovi...; e poi si può far capire benissimo come e dove gli alberi hanno colonizzato gli antichi terreni agricoli medioevali: si aprono ogni tanto delle radure boscate di cerro e roverella che piano piano si sono mangiate i campi.
Dato il periodo di abbondanti piogge, il sentiero in molti tratti era fangoso, così abbiamo potuto osservare le tracce di molti animali ( cinghiali, istrici e caprioli), in un punto siamo incappati anche in una bella frana anche se facilmente aggirabile.
Ad un certo punto, in dirittura d'arrivo, sopraggiunge il classico rumore di un torrente: è la Ventia che poi si fa vedere e si deve guadare due volte.
Nei punti più panoramici dell'itinerario si apre un’ampia vista, dietro la sagoma imponente dell'abbazia sorge lontana Perugia con il suo inconfondibile "skyline", e continuando ecco la vista del Monte Tezio e Monte Acuto sulla sinistra, con l’Appennino umbro-marchigiano sulla destra ( il Monte Cucco e il Catria).
In tutto questo giro non si perde quasi mai di vista l'abbazia, fra le cui mura molte storie si sono avvicendate.
Mi piacerebbe molto approfondire finalmente la visita al suo interno e apprezzarne la valenza architettonica. Durante l'escursione si possono già apprezzare degli elementi: intanto è riconoscibile l'impiano generale romanico-gotico, si vedono bene la facciata con un grande portale ad ogine, sormontate da un rosone in travertino, il campanile squadrato e tozzo con un ordine di colonnine sempre in travertino, la fiancata imponente, si intuisce il perimetro del monastero che lascia a nord la chiesa e si chiude attorno ad un chiostro che dovrebbe essere bellissimo, celato al suo interno!
Il prossimo 1 giugno l'abbazia aprirà le porte ai visitatori ( dal 1956 tutta la proprietà è della Fondazione Gaslini di Genova) e mi piacerebbe esserci!
Altre foto dell'intera escursione.






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